Intervista avv. Marco Marazzi - ICPN

Quali sono secondo te i settori e le opportunità d'investimento in crescita in questo momento? Perché?

Se si guarda agli investimenti italiani in Cina, direi senz'altro tutto quello che ha a che fare con la salute (farmaceutica, dispositivi medici, assistenza medica di alto livello, etc.) ma anche quello delle energie alternative e tecnologie green. Poi anche il settore della componentistica auto dove nostre realtà importanti stanno andando benissimo e ovviamente poi quelli dove siamo sempre stati forti: cura della persona, cosmetici, moda, mentre per l'alimentare si continua a puntare soprattutto sull'export. Per le aziende cinesi in Italia vedo un interesse quasi negli stessi settori, il che dimostra che abbiamo economie molto complementari. Ma a questo si aggiungono altri dove sono tradizionalmente forti le aziende cinesi: tutto il settore high-tech nel campo delle telecomunicazioni e quello della meccanica strumentale.

In che modo le aziende italiane e cinesi si sono attivate per far fronte all'emergenza Coronavirus?

Le aziende italiane con presenza in Cina hanno forse sofferto più di quelle cinesi con presenza in Italia. Il ritorno di molti dirigenti, anche con permesso di soggiorno in Cina è stato impedito per molto tempo- con una piccolissima e breve finestra tra agosto e ottobre dell'anno scorso. Ovviamente, le chiusure hanno seguito l'andamento dell'epidemia in Italia, ma a questo si è aggiunta la cronica assenza di voli diretti tra Italia e Cina e una difficoltà enorme ad ottenere permessi di rientro nel paese. Per non parlare poi di visti d'affari ad ora del tutto impossibili da ottenere. Questo ha comportato difficoltà enormi soprattutto per quelle aziende italiane che non hanno manager in loco. La mia impressione è che le difficoltà siano state minori o più gestibili per aziende cinesi con filiali in Italia.

Quali sono le cause principali che rendono difficoltoso gli investimenti cinesi in Italia (e viceversa) e quali sono le soluzioni?

Partiamo da quelli italiani in Cina, direi 3. (1) la dimensione contenuta delle imprese italiane che spesso non consente la presenza contemporanea con proprie strutture su molti mercati. Se è possibile essere presenti direttamente con stabilimenti o attività commerciali in solo due o tre paesi non sempre la Cina è la destinazione prescelta (2) la minore conoscenza del mercato rispetto a concorrenti europei, di nuovo legata alle dimensioni ma anche ad una certa proliferazione degli intermediari e delle associazioni che si occupano di dare informazioni sul paese che crea confusione (3) la poca propensione tradizionale delle aziende italiane, anche quelle grandi, a rischiare capitali ingenti lontano da casa.
Per quelli cinesi in Italia, direi che ci sono le stesse difficoltà che hanno tutti gli investitori stranieri chi più chi meno, specie extraeuropei: paese con normative complesse, specie in tema giuslavoristico e fiscale. E per la maggior parte scritte solo in italiano. Poi c'è la lentezza della giustizia, i permessi, la burocrazia anche se le cose stanno migliorando. Ma ultimamente si è aggiunto tutto il sistema di screening di investimenti dall'estero, specie acquisizioni del controllo di aziende italiane, visto dal punto di vista della sicurezza nazionale. Per qualche motivo, si ritiene più "sensibile" una acquisizione se viene da azienda di Stato cinese, ma questo è abbastanza assurdo a mio avviso perché ci sono aziende di Stato e aziende di Stato. Una società di proprietà del governo di Nanchino, per dire, è come una nostra municipalizzata. Dove sta il rischio per la nostra "sicurezza nazionale"?

Quali sono le prospettive di carriera nel settore degli investimenti?

E' prevedibile, ma spero di sbagliarmi, che nei prossimi due anni il flusso di investimenti da Italia verso Cina sarà maggiore del flusso Cina-Italia. Quindi direi che chi vuole fare da ponte tra le due realtà deve acquisire un po' di dimestichezza anche con il sistema cinese, sotto tutti gli aspetti (economico, legale, fiscale, etc.). Non basta solo quella del sistema italiano. I veri "pontieri" sono quelli che conoscono abbastanza bene entrambi le realtà, leggono e si informano tutti i giorni su cosa accade nei due mercati e si tengono aggiornati sugli sviluppi del diritto (se vogliono fare consulenza legale) o quelli del mondo industriale e finanziario (se vogliono fare consulenza d'affari).

Che tipo di percorso consigli e quali sono le competenze necessarie per operare in questo settore?

Io conosco quelle di chi segue gli aspetti legali di queste operazioni. Direi che, se vuoi lavorare con clienti cinesi, o con la Cina in generale, la conoscenza della lingua è ancora essenziale ed insostituibile soprattutto per certi tipi di clienti ed operazioni. Direi che a seconda del mercato dove si vuole operare, una laurea giuridica in uno dei due paesi seguita però da un master o almeno un'esperienza lavorativa intensa nell'altro sia la combinazione ideale. Ovviamente, un buon livello di inglese tecnico giuridico si dà per scontato perché i contratti che coinvolgono due o più paesi si scrivono nel 90 percento dei casi ancora in inglese.

Un consiglio per chi vuole intraprendere questo percorso.

Se vuoi assistere dall'Italia imprese cinesi che investono in Italia o in Europa in generale, passa almeno un paio d'anni in Cina per capire come funzionano le aziende cinesi. Se vuoi assistere dalla Cina aziende italiane che investono in Cina, passa almeno un paio d'anni in Italia per capire l'Italia.