Jay H. Chen – China Representative di SACE
In possesso di una Laurea Triennale in Economia e Finanza presso la Bocconi e di una laurea magistrale presso la Cattolica.
Ha lavorato per la PWC di Milano nel team di “Transaction Services, Due Diligence Finanziaria”.
Dopo una esperienza di Start-up, Jay Chen è ora Rappresentante di SACE, l’Export Credit Agency Italiana, coprendo Cina, Corea del Sud, Giappone, e Mongolia.

Perché hai scelto di lavorare in Cina?

Perché la Cina è un paese che ha fatto e sta facendo passi da giganti, immerso nella dinamicità. È ancora vivido il ricordo di quella mattinata del 2016 quando mi sono svegliato e ho deciso di intraprendere altre esperienze lavorative in Cina, il mio paese natale che in maniera quasi ipnotica mi stava richiamando.

Alcuni colleghi e amici mi suggerirono di aspettare, perché c’era la possibilità di trasferimento in altri uffici esteri come quella cinese. Tuttavia, gli anni di esperienza che mi mancavano, da un lato, e il grande desiderio di iniziare un percorso immediato in Cina, dall’altro, mi hanno spinto a prendere una decisione, quella che mi ha portato a ciò che sono ora.

Ora faresti la stessa scelta?

Se tornassi indietro nel tempo probabilmente sì, ma ora, da persona più matura, farei tante considerazioni prima di prendere una decisione di questa portata.

Non bisogna focalizzarsi sul dove essere, una città vale l’altra. Io ho scelto Shanghai perché avevo amici qui, ma poteva essere Shanghai, come Beijing o Shenzhen, l’importante è saperla vivere, saperla conoscere e accettare. Inciterei tutti di avere il coraggio di seguire il proprio istinto, facendo però anche delle valutazioni razionali.

Dal punto di vista professionale, direi che è meglio prendere decisioni all’inizio della propria carriera lavorativa, bisogna sperimentare, provare e saper fallire quando si è ancora giovani.

A proposito del mondo lavorativo, quali differenze hai notato tra la Cina e l’Italia?

Secondo Jay dipende dalla tipologia del lavoro, ma in generale:

- La comunicazione: Purtroppo la Cina è ancora un paese altamente basato sulla burocrazia, sotto molteplici punti di vista, ma in particolare nell’ambiente lavorativo. Lo si nota in diverse realtà aziendali cinesi, dove è evidente il gap culturale e comunicativo tra colleghi e superiori. Personalmente, nella mia precedente esperienza in Italia, ho trovato l’organizzazione interna più orizzontale, con maggiore focus sul progetto, e non solo sulle relazioni.

- La tempistica: ricordo ancora tanti film americani in cui dicevano “time is money” e lo stesso concetto può essere applicato all’ambiente imprenditoriale cinese. Progetti grandi o piccoli che siano, vengono tutti svolti secondo ritmi serrati. Mi è più volte capitato di vedere situazioni in cui le decisioni vengono prese molto velocemente, per cui bisogna stare allo stesso passo onde evitare di perdere opportunità di business.

Che consigli daresti ai ragazzi più giovani?

Direi che avere la padronanza della lingua cinese è elemento fondamentale, proprio perché bisogna saper comunicare in maniera appropriata.

Inoltre, se si ha la possibilità, consiglierei un’esperienza lavorativa in un’azienda cinese oppure una internazionale o italiana, ma radicata e localizzata nel contesto cinese. È importante sapersi adattare e localizzare dal punto di vista lavorativo, sarà sicuramente un grande valore aggiunto.

Soft o hard skills?

E’ il dilemma dell’uovo o la gallina, ma a mio parere, le soft skills, come ad esempio il saper ascoltare e il saper comunicare, possono rivelarsi estremamente utili durante il percorso lavorativo e in particolare in momenti “critici”.

Quanto è importante la figura di un mentore?

La figura di un mentore o di una persona che abbia un po’ più di esperienza di te, che vuole darti e trasmetterti qualcosa è non solo importante nella vita professionale, ma anche per lo sviluppo personale. È una figura in grado di incoraggiare la tua ambizione, di ispirarti, di consigliarti e stimolarti a dare il meglio. Quindi, non una persona che ti fornisce una soluzione ai problemi, ma una che è capace di indicare gli strumenti migliori per cavartela in maniera autonoma.

Cosa fare per distinguersi nel mercato cinese, quanto è importante una buona università?

Il percorso accademico è un biglietto d’ingresso nel mondo del lavoro. La fama o semplicemente il ranking dell’università, può essere d’aiuto nella fase di selezione, ma ciò non significa che avrai meno chance se provieni da un’università meno rinomata.

In Cina, questo elemento viene ingrandito molto di più rispetto all’Italia, considerando anche la quantità di studenti universitari e neo laureati, ma non bisogna dimenticare che abbiamo il vantaggio di essere multi-culturali.

Essere IBC (Italian Born Chinese) è stato un punto di forza, debolezza o indifferente secondo le tue esperienze?

Per me è assolutamente stato un punto di forza. La diversità è sempre un punto di forza. Anche se talvolta sembra non esserlo, sei tu a doverla rendere tale e sfruttarla in qualsiasi contesto.